Buona Pasqua Goa
Non ho mai festeggiato la Pasqua a Goa, sono sempre andata via prima.
Abito di fronte la chiesa Madre di Anjuna, che è sempre affollata tipo rave party. Le mie vicine di casa Goana, sapendomi Italiana, mi hanno invitata più volte alla messa, che però si tiene in Konkani, la lingua locale.
In occasione della Pasqua, ho deciso di accompagnarle. Questo è il resoconto del venerdì santo alla chiesa di St. Michael.
Mi scuso subito con i cattolici osservanti, non vuole essere una critica, ma più uno studio socio-culturale sulle religioni in genere ed i raduni che ne conseguono.
La funzione è prevista alle 17, dato il gran caldo e la grande affluenza hanno allestito uno spazio all’aperto nel cortile principale. Centinaia di sedie di plastica ordinate su più file, due corridoi centrali lasciati liberi, l’altare con gli altoparlanti ed una copertura in tela per non soccombere al sole di marzo.

St Michael Church, Anjuna
Arrivo un pò prima per guardare l’arrivo dei fedeli. Esattamente come in una qualsiasi chiesa del mondo, gli anziani arrivano prima e prendono posto nelle prime file. Poi arrivano le famiglie trascinando di peso ragazzini scalpitanti che non ne vogliono sapere.
Ho visto una sola donna in sari, tutti gli altri sono vestiti all’occidentale ed hanno messo i loro abiti migliori. Nel frattempo si consumano pettegolezzi sul guardaroba altrui, lo capisco dalle espressioni, anche mia nonna faceva la stessa faccia.
Ci sono fedeli così eleganti da sembrare diretti ad una prima alla Scala di Milano; si sfoggiano tacchi a spillo da 12 centimetri. A Goa, dove non esistono marciapiedi e per sopravvivere non puoi proprio camminare per strada, pena l’arrotamento immediato.
Ho visto minigonne in raso rosso e leggins su trampoli. Ho visto bambini fare capricci ed essere fulminati dallo sguardo del padre e neonati singhiozzare costringendo le madri ad allontanarsi.
Niente di nuovo, va. Siamo tutti uguali, proveniamo tutti dallo stesso ceppo, e facciamo tutti le stesse cose.
Ma la cosa che più ha attirato la mia attenzione sono stati gli uomini che si tenevano un pò in disparte, in piedi, in fondo alle panche, giovani e ben vestiti. Ne intuivo il motivo.
La chiesa, come qualunque altro luogo di culto, è soprattutto il centro della vita sociale dei villaggi. Dove, se non qui, hai la possibilità di adocchiare giovani donne che diversamente non potresti conoscere? La cosa è sotto gli occhi di tutti ed è risaputa. E’ sempre qui che si decidono i fidanzamenti e gli eventuali matrimoni. E’ qui che nascono i flirt, che si consumano i tradimenti, che iniziano le storie d’amore.
Allora ho iniziato a seguire gli sguardi che lanciavano, per tentare di intercettare la direzione. Qualcuna più disinvolta ricambiava apertamente, qualcun altra abbassava gli occhi intimidita. Poi ho cercato di spiare le reazioni dei padri, ma sembrava che non se ne accorgessero. Sembrava, eh, mica ci credo.
Il prete parlava in Konkani, non capivo una parola, quindi mi sono lasciata assorbire dal film che si svolgeva sotto i miei occhi. Ho pure approvato un paio di coppie, mi piacevano i loro giochi di sguardi.
Una ragazzona alta e robusta, con un improbabile abito in raso giallo che le stava malissimo, cantava a squarciagola insieme al padre tutti i salmi. Completamente disinteressata al mondo maschile, mi è sembrata una delle poche sotto i venticinque anni veramente prese dalla funzione.
Due ragazze molto carine in abiti succinti e figlie piccole al seguito, sono arrivate un pò in ritardo e sono state osservate da tutti. Sicuramente saranno quelle “chiacchierate”.
Nel frattempo, due preti con le mantelline rosse lavavano i piedi alla statua di Gesù in croce, prima di estrarre i chiodi e portarlo giù per avvolgerlo nel sudario. Scena devo dire molto toccante, accompagnata dai suoni dell’organista.
Dopo aver preso atto per l’ennesima volta che l’espressione “tutto il mondo è paese” non è affatto un luogo comune, sono rientrata a casa seguita da tre stupendi cani randagi che vivono in zona e mi fanno sempre un sacco di feste.
La mia vicina è rientrata alle 19.30. Prima di barricarsi in casa come fa ogni sera, mi ha comunicato che dalle sette in poi la messa era andata avanti in inglese e che il prete ha raccontato come si festeggia la Pasqua in Italia. Ok, ma due ore e trenta di funzione religiosa erano troppe per me.
Poi, mentre ero seduta in balcone e cercavo di scrivere questo racconto, la sento trafficare con lucchetti e chiavi. Ore 21.50. Esce trafelata, io letteralmente salto in aria. Non esce mai di sera, va a letto alle otto.
Mi preoccupo, le chiedo che è successo. Mi risponde che è in ritardo per la messa della sera e sparisce nel buio del vialetto. Ah. In realtà mi ha lasciata senza parole, mi è pure balenata in mente l’idea di seguirla.
Ma poi ho pensato che è Pasqua, che è giusto che anche lei si diverta ed abbia la sua dose di vita mondana. Nel frattempo realizzo che i canti religiosi vanno avanti da ore, che non si sono mai interrotti e che ormai le mie orecchie si erano assuefatte.
Buona Pasqua Goa, è anche per questo che ti amo.