I venditori ambulanti delle spiagge di Goa.
Lungo le spiagge del Goa i venditori ambulanti fanno avanti e indietro per ore cercando di guadagnare qualcosa.
In alcune zone non possono più avvicinarsi ai lidi perché i turisti occidentali si lamentano della loro insistenza e minacciano di non tornare; così si limitano a camminare lungo la riva e a lanciare sguardi furtivi verso agglomerati di carne bianca al sole che considerano ricca per il solo fatto di essere lì.
Gli uomini propongono massaggi o vendono tabla, i tamburi indiani.
Le donne propongono manicure, pedicure, a volte il threading – la depilazione con il filo – o magnifici disegni con l’hennè.
Vendono tessuti, parei e cavigliere tintinnanti.
Spesso hanno grosse ceste di frutta che reggono in bilico sulla testa e con un piccolo machete aprono le noci di cocco o tagliano a fette l’ananas.
La maggior parte di loro proviene da villaggi dell’entroterra del Karnataka. In percentuale le Goane sono in numero ridotto.
Dato che trascorro molto tempo nel Goa e va a finire che frequento sempre le stesse spiagge, ne conosco molte. Parliamo tanto, sono sempre molto curiosa di sapere cosa c’è dietro.
Hanno iniziato lentamente a fidarsi, sanno che non acquisterò nulla ma sanno pure che se non mangiano da giorni comprerò loro cibo e chai.
Si muovono in gruppo all’inizio della stagione turistica, che inizia ad ottobre, e tornano a casa prima dell’inizio dei monsoni.
Dormono tutte insieme dentro grandi capanne che fungono anche da magazzino, sopra stuoie poste lungo il perimetro.
Ogni capanna ha un boss che consegna ad ognuna quello che deve vendere pretendendo un fisso, il resto è il loro guadagno.
Guadagno che mandano a casa per aiutare la famiglia ma soprattutto per pagare la scuola ai figli; tutte mi dicono che per loro si augurano un futuro diverso.
Amita vive con la madre giorno e notte all’interno del suo negozio, che non è altro che uno spazio aperto sulla spiaggia con il tetto di palme. Ha 18 anni ed è sposata.
Quando sono arrivata quest’anno era incinta; gravidanza difficile che l’ha costretta a restare distesa sulla stuoia.
La madre da sola fa quello che può così, se hanno molti clienti, lei è costretta ad alzarsi per vendere.
Sono passata a trovarla quasi ogni mattina ed in quattro mesi non ho mai visto né il padre né il marito. Quando chiedo di loro mi risponde che sono “busy”, occupati.
Lolita e Laksmi, e chissà se i nomi sono veri, sono due sorelle di un minuscolo villaggio posto tra Hampi ed Hospet.
Hanno tra i trenta ed i trentacinque anni, si sono sposate giovanissime con matrimoni combinati.
I loro mariti sono alcolizzati, violenti e non lavorano. Quindi è tutto sulle loro spalle.
Sono donne dalla pelle molto scura e dai volti segnati che dimostrano molti anni in più, che non hanno mai vissuto l’adolescenza e che non sanno cosa sia la spensieratezza.
Hanno sguardi fieri, niente le impaurisce ed hanno un senso dell’umorismo meraviglioso.
Spesso mi chiedono come è possibile che io possa scegliere se sposarmi o no, come è possibile che la famiglia mi consenta di partire da sola, senza un uomo accanto.
Non lasciano trapelare nulla ma il concetto di donna sola ha ancora una valenza negativa per loro, nonostante i loro matrimoni siano sprovvisti di amore e rispetto.
Certe volte spariscono per uno o due giorni, voci di corridoio dicono che vengono trattenute dalla polizia in caserma perché “venditori ambulanti senza permesso” e che vengono liberate quando il boss va a pagare per il loro rilascio.
Non so quanto sia vero perché loro glissano sull’argomento, sorridono e proseguono con il loro incedere dritto ed elegante, avvolte da sari colorati e da tessuti.